Il Gruppo Veritas è intervenuto sul cosiddetto Css ovvero il Combustibile solido secondario che si ricava dalla lavorazione dei rifiuti non pericolosi. Di seguito le precisazioni della società veneziana.

Da molto tempo il Css prodotto da Veritas a Fusina dal trattamento del rifiuto secco, peraltro derivato da una raccolta differenziata di buona qualità, non è più un rifiuto. Infatti, i rifiuti residui raccolti da Veritas nel Bacino Venezia ambiente – che comprendono anche alcuni scarti delle raccolte differenziate non più o non ancora riutilizzabili – una volta trattati negli impianti di Ecoprogetto di Fusina, assumono le caratteristiche di end of waste (letteralmente fine del rifiuto, ovvero un sottoprodotto ad alta capacità energetica).

Lo dimostra da ultimo, senza peraltro lasciare spazio a dubbi, anche lo studio pubblicato da Ref ricerche, società indipendente di consulenza e analisi che affianca aziende, istituzioni e organismi governativi nei processi decisionali.

Il Css prodotto da Veritas, quindi, non rientrerà più nella categoria del rifiuto; in ogni caso nulla c’entra con l’incenerimento di rifiuti tal quali, parola di cui si riempiono la bocca coloro i quali parlano (molto spesso a vanvera) di rifiuti, del loro trattamento e delle normative connesse.

L’incenerimento dei rifiuti residui, raccolti e bruciati tal quali (cioè senza alcun tipo di trattamento precedente) è un’attività – pur prevista dalla legge e autorizzata dagli Enti competenti – che Veritas non pratica più dal 2013: nel 2014 infatti il termovalorizzazione di Fusina è stato chiuso. Questo sistema di smaltimento del rifiuto residuo è stato reso inutile da un lato dall’aumento delle raccolte differenziate (a ottobre 2019 la media del nostro territorio è arrivata al 70,97%), dall’altro dalla trasformazione del rifiuto secco residuo in Css, destinato a sostituire il carbone fossile in cementifici o centrali a carbone. Ma soprattutto, grazie anche alle politiche messe in atto dalle Amministrazioni comunali e da Veritas, il rifiuto tal quale si è modificato ed è stato ridotto di quantità, quindi la tecnologia del vecchio termovalorizzatore di Fusina è diventata superflua.

Queste politiche partono però da lontano, dalla fine degli anni Ottanta dello scorso secolo quando, a causa della mancanza di impianti e dell’esaurimento delle discariche dove finivano i rifiuti di Venezia, il nostro territorio rischiava di esserne sommerso. Quindi, grazie ad accordi di programma sottoscritti tra Ministero dell’Ambiente, Regione Veneto, Comune di Venezia, Provincia di Venezia ed Enel, è stato chiesto ad Amav-Vesta-Veritas di realizzare a Fusina – e poi sviluppare e gestire – un impianto di produzione di Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti, che grazie a diversi up-grading ora è diventato Css) in cui il rifiuto secco residuo venisse trattato in maniera specifica e poi conferito alla vicina centrale termoelettrica dell’Enel, per il suo utilizzo come fonte rinnovabile nella produzione di energia elettrica, in sostituzione del 5% del carbone.

Nel 2023, però, questa tecnologia sarà riconvertita, eliminando quindi per sempre l’utilizzo del carbone (circa un milione di tonnellate/annue), in anticipo di due anni rispetto alla decisione governativa di abolirlo come fonte energetica in Italia. Tuttavia, già da due anni, l’apporto di Css alla produzione di elettricità è ormai drasticamente ridotto poiché la centrale di Fusina produce sempre meno energia dal carbon fossile.

Si tratta certamente di una buona notizia dal punto di vista ambientale, perché cesseranno le emissioni prodotte dalla combustione a regime di un milione di tonnellate di carbon fossile utilizzato nella centrale, mentre l’apporto del Css è solamente del 5%. Nel 2018, infatti, sono state prodotte negli impianti del gruppo Veritas di Porto Marghera/Fusina solamente 60.000 tonnellate di Css, quale risultato della raffinazione e del trattamento delle 150.000 tonnellate di rifiuto secco residuo urbano raccolte nel territorio del Bacino Venezia Ambiente (la Città metropolitana di Venezia più il Comune di Mogliano Veneto). Dal rifiuto residuo, grazie ai trattamenti che saranno ampliati se sarà possibile ottenere le richieste autorizzazioni regionali, si estraggono già umidità e altri materiali ancora riciclabili o recuperabili energeticamente.

Chi parla del rifiuto come risorsa deve però intuire che per trattare questi materiali c’è bisogno di impianti industriali, e che questi impianti devono essere flessibili e modulabili secondo le evoluzioni delle politiche di economia circolare che consentirà una forte riduzione di materiali non riciclabili nel futuro industriale europeo. E’ così che sono state concepite, comprendendo le necessarie transizioni da un sistema all’altro, le politiche di incremento delle raccolte differenziate e di riduzione del rifiuto residuo messe in atto dai Comuni e attuate da Veritas che hanno permesso al nostro territorio di essere – per il terzo anno consecutivo, fonte Ispra – la prima Città metropolitana d’Italia e a Venezia la prima città con più di 200.000 abitanti per percentuale di differenziata.

Un primato che deve inorgoglire tutti i cittadini, soprattutto se si tiene conto della specificità della nostra area, che registra ogni anno 50 milioni di presenze turistiche e che vede convivere città d’arte, litorali turistici, aree urbane e rurali. Inoltre, Legambiente ha recentemente certificato nel territorio comunale di Venezia la riduzione di 10 kg di rifiuto secco residuo, sceso da 239 a 229 kg/anno per abitante equivalente.

Quello a cui però si punta non è tanto e non solo una buona raccolta differenziata (e lo è quando non ci sono all’interno frazioni estranee), ma anche a un effettivo riciclo dei materiali raccolti, come è giusto che sia. Per questo, tutte le filiere e i cicli di lavorazione di ogni singola tipologia di rifiuto raccolto dal Gruppo Veritas sono certificati e tracciati, a completa garanzia per i cittadini che possono conoscere il destino dei materiali e dei rifiuti conferiti al sistema pubblico di raccolta.

Nel caso del Gruppo Veritas, parlare quindi di incenerimento dei rifiuti appare non solo riduttivo ma anche profondamente sbagliato dal punto di vista concettuale e intellettuale. Ugualmente, è sbagliato nascondersi dietro lo slogan del rifiuto zero: una formula che – per quanto faccia lavorare tutti per la riduzione totale dei rifiuti – al momento si scontra con la raccolta di 540.000 tonnellate di materiali da riciclo (che sono definiti rifiuti) e di rifiuti urbani residui (destinati nel sistema di Veritas al recupero energetico e non alla discarica), pur puntando a ridurre al massimo il rifiuto secco e spingendo sulle differenziate. Fatto, questo, che nel dicembre 2019 è riconosciuto da Legambiente, che ha premiato il Comune di Venezia proprio per la riduzione della produzione dei rifiuti residui. La stessa cosa che tantissime Amministrazioni comunali, insieme a Veritas, stanno facendo concretamente nel territorio. Ma di rifiuti ne esistono ancora, quindi la domanda principale è: cosa si fa di questi materiali? Li si butta in discarica? Le nuove norme europee sull’economia circolare prevedono il recupero energetico prima della discarica – e questo Veritas fa con la produzione e combustione di Css – e questo viene previsto dalle migliori prassi ambientali internazionali, ad esempio, dalla Fondazione Ellen Mac Artur. Rappresenta quindi un clamoroso errore perseverare nel considerare il Css un rifiuto e chiamare inceneritore di rifiuti un impianto di termovalorizzazione per materiali end of waste (quindi, non rifiuti tal quali) voluto dalle pubbliche autorità, autorizzato da anni e che consente di mantenere in sicurezza il nostro territorio.