A Fusina non è prevista la realizzazione del più grande termovalorizzatore del Veneto, contrariamente a quando hanno dichiarato tre associazioni, illustrando le loro osservazioni al progetto sottoposto da Veritas a procedura regionale di Valutazione di impatto ambientale.

Quello che, invece, è previsto –e Veritas ha chiesto alla Regione– è  la possibilità di raggiungere l’autosufficienza nel recupero energetico del Css (combustibile solido secondario), che entro cinque anni non sarà più possibile cedere ad Enel perché lo trasformi in energia elettrica insieme al carbone. In realtà, già adesso Enel ha drasticamente ridotto l’utilizzo di Css nella centrale termoelettrica Andrea Palladio e le previsioni sono di un’ulteriore diminuzione.

Il progetto sottoposto a Via riguarda dunque la possibilità di rimpiazzare con il Css il legno non riciclabile (quindi, una biomassa), già adesso utilizzato per produrre energia per l’autofunzionamento dell’impianto. Il tutto con evidente beneficio per l’ambiente in termini di emissioni di anidride carbonica, dal momento che non sarà più bruciato un milione di tonnellate di carbone/anno. Il progetto prevede l’uso del calore dell’impianto attualmente alimentato con legno non riciclabile per essiccare i fanghi da depurazione civile prodotti nel nostro territorio, di ridurli e usarli come biomassa per recuperare energia. Anche in questo caso si tratta di un miglioramento per l’ambiente, dal momento che i fanghi non finiranno più in discarica (come succede adesso, con aggravio dei costi), né in agricoltura, in linea con le migliori pratiche di trattamento, indicate anche dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Le associazioni hanno poi fornito dati non corretti sulle quantità di materiale che saranno utilizzate nell’impianto, confondendo il materiale in ingresso con quello che invece risulta dopo il trattamento. L’impianto di Fusina è autorizzato a trasformare in Css circa 150.000 tonnellate di rifiuto secco all’anno, parte delle 530.000 tonnellate raccolte nell’Area metropolitana di Venezia e a Mogliano Veneto. Nel 2018, per il secondo anno consecutivo, Venezia è risultata la prima Città metropolitana italiana per percentuale di raccolta differenziata (68,5%, fonte Ispra).

Durante le varie fasi di lavorazione, vengono eliminati dal rifiuto secco materiali inerti (soprattutto ferrosi e vetrosi) e l’umidità residua, riducendone drasticamente il peso. Quindi, alla fine del processo, le 150.000 tonnellate di secco diventano circa la metà di Css. Per quanto riguarda invece i fanghi da depurazione civile (i liquami prodotti quando tiriamo lo sciacquone del wc), il progetto prevede di trattarne 90.000 tonnellate, che dopo il processo di essiccazione cui sono sottoposti, diventano 45.000. Infine, è previsto di utilizzare 50.000 tonnellate/anno di legno non riciclabile.